Storia dell’infinito matematico: da Galileo a Dedekind

“Noi sappiamo che c’è un infinito e ne ignoriamo la natura. Poiché sappiamo che è falso che i numeri sono finiti, è vero dunque che c’è un infinito nel numero. Ma non sappiamo che cosa è”.

Blaise Pascal

La civiltà greca non riuscì ad accettare pienamente il concetto di infinito, tentando in ogni modo di esorcizzarlo. Lo abbiamo visto nella precedente tappa della storia dell’infinito matematico. Non mancarono certo i tentativi di riconciliazione, tuttavia essi furono pregiudicati dalla consapevolezza degli spinosi problemi che i paradossi di Zenone erano in grado di originare.

Ma con l’avvento del Cristianesimo e la diffusione del monoteismo l’idea dell’infinito non rimase a lungo così invisa. Sant’Agostino, ad esempio, sosteneva che quanto è infinito per l’uomo appare finito agli occhi di Dio. Nel Rinascimento, gli attributi assegnati a Dio erano in primis l’essere e l’infinità. Non senza qualche sottile criticità, si tendeva a far coincidere Dio stesso con l’infinito. In effetti, per non rischiare di giungere alla conclusione che Dio fosse finito, nell’eventualità che si riuscisse a circoscrivere l’infinito, i teologi non facevano coincidere Dio con l’infinito in senso stretto: ciò consentiva di esulare le sorti dell’infinito, qualora fosse stato “imbrigliato” nelle reti dei matematici, dalla concezione di Dio, che così sarebbe rimasta intatta.

IL CANNOCCHIALE DI GALILEO 

Galileo Galilei fu tra i primi a riuscire a valicare la barriera che Visualizza immagine di originepregiudicava un qualsiasi contatto tra l’uomo e l’infinito. In breve questo il suo pensiero: un qualunque oggetto limitato può essere ricondotto ad infiniti elementi privi di estensione e quindi indivisibili; diversamente, se queste parti fossero dotate di estensione, sarebbero anche divisibili. Come si spiegherebbe dunque la limitatezza del segmento?

La conclusione a cui pervenne Galileo attraverso il cosiddetto “paradosso dei quadrati” (Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, 1638) è che non è possibile considerare l’infinito come i comuni numeriQuanti dei numeri naturali sono anche quadrati perfetti? In altre parole, quanti numeri naturali hanno una radice quadrata in grado di produrre un altro numero naturale? Siamo subito tentati di rispondere che sono ben pochi: tra i primi cento numeri naturali ne troviamo solo dieci. Non sempre, infatti, la radice quadrata di un numero naturale equivale a un numero intero. Rovesciamo ora i termini della questione: è un fatto che ciascun numero naturale, se elevato al quadrato, ci darà un quadrato perfetto: ad ogni naturale corrisponde un quadrato perfetto. E se i numeri naturali sono infiniti, saranno infiniti anche i quadrati perfetti! Se consideriamo ora il numero 49, sappiamo che esso appartiene sia all’insieme dei numeri naturali, che a quello dei quadrati; mentre il numero 50 è sì naturale, ma non quadrato perfetto. Esistono dunque insiemi di infiniti più numerosi di altri. Una questione che solo Cantor potrà mettere a fuoco definitivamente, ma che Galilei, sempre proteso a guardare lontano con il suo cannocchiale, intuì in modo assolutamente brillante.

UNA CONTESA TRA NEWTON E LEIBNIZ

Con l’avvento del calcolo differenziale, la cui paternità fu a lungo oggetto di contesa tra Newton e Leibniz (qui, se siete interessati, potrete approfondire), l’infinito potenziale tornò in auge. Per distinguere gli infiniti dagli infinitesimi, si adoperarono due diverse notazioni, rispettivamente il simbolo ∞ e il simbolo dt.

DEDEKIND E I NODI DELLA MATASSA

A volte non è così difficile sbrogliare la matassa. Soprattutto se, anziché tentare di scioglierne i nodi che potrebbero essersi formati, questi ultimi vengono lasciati esattamente dove sono. Due fondamentali problemi, image.imageformat.lightbox.2134429438.jpg la questione degli irrazionali e quella del “continuo“, trovarono soluzione grazie agli studi di Richard Dedekind sull’infinito potenziale.

Secondo Leibniz e Newton, la continuità dei punti di una retta si doveva far derivare dalla loro densità (si tratta della proprietà secondo la quale un ulteriore punto potrà sempre trovarsi tra altri due punti), e tale caratteristica apparteneva anche ai numeri razionali. Tuttavia, questi ultimi non costituivano un “continuo” (come suggerisce il nome, un “continuo” è un insieme in cui gli elementi si susseguono in maniera densa, ma senza alcuna interruzione, senza “buchi”), poiché tra essi potevano essere frapposti numeri non razionali; lo si può notare anche dalla sottostante figura:

Risultati immagini per costruzione della diagonale di un quadrato proiezione sulla retta

Proiezione sulla retta dei numeri della diagonale di un quadrato, che appunto corrisponde a √2, un numero irrazionale, e che dunque crea un’interruzione nella successione dei numeri razionali.

Così, Dedekind escogitò un ingegnosissimo “stratagemma”, che avrebbe risolto in un’unica soluzione i due grandi problemi. Egli considerò numeri come ad esempio √2 come uno spartiacque che delimita tra una “successione continua” di numeri razionali ed un’altra, e non come un diaframma che si pone a interrompere una continuità. Insomma, una sorta di nodo tra un continuum e un altro. Quindi, un numero irrazionale, che fa pur sempre parte dell’insieme dei numeri reali, definisce una “sezione“, detta appunto di Dedekind, in due insiemi, A e B, dove A è dato da tutti i razionali a tali che a<√2, e B è invece costituito da tutti i razionali b tali che b>√2 (per usare quella sintesi che è tanto cara ai matematici: a<√2<b). In questo modo l’insieme dei numeri reali è visto come un’estensione dell’insieme dei razionali.

Risultati immagini per insieme dei numeri real

Rappresentazione dell’insieme dei numeri reali con i suoi sottoinsiemi

Questa definizione, del tutto inedita, offriva nuove prospettive: non vi era più alcun bisogno di ricorrere al concetto di densità per poter definire quello di continuità. Restava un’ultimo tassello da porre perché l’infinito entrasse a tutti gli effetti a far parte dell’universo matematico: il merito di ciò va tutto a Georg Cantor, alle cui straordinarie ricerche è dedicata la quarta parte di questa affascinante storia attraverso i numeri.

 

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